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mercoledì 02 luglio 2025 |
La Corte di Cassazione ha rivoluzionato la gestione delle ferie per i docenti a tempo determinato con la sentenza 16.715 del giugno 2024.
Per più di un decennio, dal 2012 al 2024, le segreterie scolastiche hanno applicato una prassi discriminatoria basata su un’interpretazione distorta della legge 228/2012. Mentre i docenti di ruolo dovevano richiedere espressamente le ferie durante i periodi di sospensione delle lezioni, i supplenti a tempo determinato venivano automaticamente considerati in ferie nei periodi natalizi, pasquali e dal 8 al 30 giugno, senza aver mai presentato domanda.
L’articolo 13 del Contratto Collettivo Nazionale della scuola stabilisce chiaramente che le ferie devono essere espressamente richieste, non prevedendo alcuna “collocazione in ferie d’ufficio”. La Cassazione ha finalmente chiarito che i docenti sono in ferie “solo ed esclusivamente se hanno formulato una domanda di ferie” approvata dal dirigente scolastico.
Secondo la sentenza, durante i periodi di sospensione delle lezioni senza richiesta autorizzata di ferie, i docenti devono considerarsi in servizio per le attività funzionali all’insegnamento: correzione elaborati, programmazione, aggiornamento. Soprattutto, rimangono “a disposizione dell’istituzione scolastica” che può convocarli in qualsiasi momento.
La decisione ha effetti retroattivi di dieci anni, garantendo ai docenti precari il diritto alla monetizzazione delle ferie non richieste. Il calcolo prevede circa 165 euro al giorno: per 22 giorni di ferie maturate, si tratta di oltre 1.400 euro annui. Tuttavia, i dirigenti scolastici possono evitare il risarcimento solo se hanno fornito un “doppio avviso tempestivo”: informare della necessità di presentare domanda di ferie e avvertire che, in caso contrario, si perderebbe il diritto all’indennizzo.
La sentenza, infine, spiega perché quest’anno tutti i dirigenti hanno improvvisamente iniziato a richiedere domande esplicite di ferie ai supplenti: hanno scoperto di non poter più applicare le ferie d’ufficio e di dover rispondere economicamente della prassi illegittima applicata negli anni precedenti.
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