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martedì 15 novembre 2022 |
Tanto tuonò ma non piovve
Alla luce del rinnovo del contratto Scuola per il triennio 2019/21, non si può che, amaramente constatare, che il comparto Istruzione resta il fanalino di coda delle azioni di qualsiasi governo di ogni colore.
All’intero personale scolastico e in particolare ai docenti che, in questi tre anni di gestione della pandemia, si sono rimboccati le maniche reinventandosi a volte, anche eroicamente ma soprattutto silenziosamente, cercando di arginare una massiccia sospensione/dispersione scolastica altrimenti inevitabile, con la didattica a distanza, aggiornando competenze in tutta fretta e a proprie spese con mezzi propri, non è stata riconosciuta non solo alcuna premialità ma viene chiamato “aumento” quella che sembra una vera e propria elemosina al netto di un sempre più elevato costo della vita dove il potere di acquisto è calato drasticamente.
Non possiamo non evidenziare che i tanti decantati aumenti di ogni anno comprendono “l’aumento” dell’anno precedente il che vuol dire che gli arretrati variano ogni anno e bisogna dedurre la vacanza contrattuale.
Si parla e straparla di Europa ma quando gli insegnanti italiani si avvicineranno alla dignità dei colleghi del resto del Continente?
Si vuole davvero investire nella Scuola che dovrebbe tornare ad essere la fucina dei nuovi cittadini magari ridimensionando la fallimentare “Scuola dell’autonomia”, la Scuola “azienda o vetrina”, rimettendo la studente/studentessa e la didattica al centro dell’azione formativa con serie politiche di investimento che abbraccino il materiale e l’immateriale?
Milano, 15/11/2022
Prof. Renato Matteo Imbriani
Confsal Anaps Segreteria Nazionale
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